Quello che segue in link è uno degli ultimi elaborati del Laboratorio delle Ricerche REF dal titolo “Il contributo irriguo: possibili logiche incentivanti in una analisi dei Piani di Classifica”.
La ricerca ha raccolto le informazioni e la documentazione dai siti web di 47 Consorzi.
L’obiettivo di questa analisi molto approfondita è stato quello di colmare il gap conoscitivo lasciato inevaso da quanto stabilito dal D.M. 31 Luglio 2015 del MASAF “Linee guida per le Regioni ai fini della misurazione dei volumi di acqua ai fini irrigui” concernente i sistemi tariffari per usi agricoli. Infatti quel decreto regola aspetti a monte della filiera dei Consorzi, mentre rimangono da varare misure che consentano di costruire regole comuni a livello statale per una armonizzazione di principi e criteri per la determinazione del contributo irriguo da parte dei Consorzi di bonifica. Inoltre tale operazione potrebbe essere utile a che, ad esempio nei Piani Generali dei Bacini Imbriferi, si indirizzino contributi lì dove si riscontrino minori tassi di copertura dei costi.
Tutto ciò nella prospettiva dei due principi-cardine stabiliti dalla Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60: la copertura totale dei costi per singolo settore; il principio chi inquina paga.
A proposito del Full Cost Recovery viene richiamata una delle conclusioni del documento di monitoraggio della Commissione Europea sull’implementazione del River Basin Management Plan, secondo la quale almeno un terzo dei paesi dell’Unione europea ha limitato questo obbligo alla fornitura di acqua potabile e al collettamento e trattamento delle acque reflue escludendo quindi le acque di irrigazione soprattutto nella fattispecie dell’autoapprovvigionamento. Nel caso specifico dei Consorzi di bonifica si fa notare che il pieno recupero dei costi che coprono anche i servizi ecosistemici, rischia di colpire solo l’utilizzatore agricolo mentre quei costi andrebbero imputati all’intera collettività che gode del servizio mediante la fiscalità generale.
Dall’indagine risulta che il 51% dei Consorzi analizzati per il calcolo dei costi usa la formula binaria (costi di manutenzione e costi di esercizio) e che questo sia il sistema più appropriato per garantire maggiore trasparenza e equità nella ripartizione tra gli utenti.
Si ricorda che i benefici da imputare ai singoli consorziati sono distinti in: beneficio tecnico, misurato mediante appositi indici espressivi della qualità ed efficacia del servizio di irrigazione; beneficio economico, volto a quantificare in termini monetari la generazione di valore derivante all’agricoltore dalla disponibilità del servizio irriguo.
A tal proposito è interessante notare che dall’indagine risulta che soltanto in 6 Regioni su 14 si utilizza il beneficio economico.
Rimane la questione della contribuzione delle utenze individuali di approvvigionamento che si riduce nella maggioranza dei casi al solo pagamento del titolo concessorio al prelievo.
Tra le raccomandazioni segnaliamo l’invito ad affiancare alle caratteristiche della rete di distribuzione e delle fonti, oltre al fabbisogno, anche le caratteristiche del sistema irriguo di utenza, attribuendo costi più elevati alle utenze con impianti vetusti e tecnologicamente poco efficienti.