Il Ministero dell’Ambiente ha approvato lo scorso 21 dicembre il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), ampio regesto delle opere e delle azioni ascrivibili alla categoria dell’adattamento al climate change, l’indicazione dell’intera tassonomia degli interventi e delle misure finanziabili.
Il piano nazionale è presupposto di piani regionali e locali.
I fenomeni ostili sono chiaramente individuati, anche nella premessa al piano, come conseguenze dirette o indirette del previsto aumento delle temperature medie: da una parte l’incremento di stress idrico dovuto a lunghe siccità, dall’altra la minaccia incombente sul territorio della penisola in termini di rischio idrogeologico e alluvionale derivante dalla maggiore frequenza dei cosiddetti eventi meteorici estremi.
È fondamentale che le opere siano programmate, progettate ed eseguite a scala di bacino. Preoccupa perciò che nella declinazione del piano sulle scale nazionale, regionale e locale, sia assente ogni riferimento (con buona pace della legge 183) all’unico organismo capace di garantire la visione di insieme nel bacino idrografico, l’Autorità di Distretto, pur nell’enfatizzazione dei processi di mainstreaming verticale e orizzontale.